PALLA IN GREEN / L’editoriale
DALLA LIV ALLE NUOVE PALLINE
NON C’È PIÙ PACE NEL GOLF
di Massimo De Luca
Sembra proprio non esserci più pace nel golf professionistico mondiale. Per quasi un secolo si è proposto come un’isola felice, estranea alle divisioni e alle polemiche che attraversano quasi quotidianamente tutti gli altri sport. Quante volte lo abbiamo sottolineato: arbitri di se stessi, capaci di autopenalizzarsi per aver sfiorato qualche granello di sabbia in bunker o aver provocato lo spostamento di qualche millimetro della pallina, sempre pronti a congratularsi con l’avversario per un colpo spettacolare (dalla hole in one in giù) i giocatori dei due grandi Tour erano abituati a dividere gli stessi spogliatoi, come amici impegnati in una sfida del week end, più che da rivali in concorrenza per montepremi milionari. Perfino le tensioni della Ryder Cup (dove ogni tanto è affiorata qualche scaramuccia per un putt non dato o un’esultanza sopra le righe) si sono sempre stemperate in un fair play condiviso.
Come condivisa è la cerimonia finale di premiazione.
Poi è arrivata la LIV, con Greg Norman nei panni del Grande Tentatore, che, introducendo per la prima volta la concorrenza nel Golf, ha spaccato in due il mondo, alimentando continue polemiche a distanza. Anche perché chi ha optato per la nuova Lega ha sostanzialmente preteso di continuare a far bere la moglie (guadagnando tanti soldi garantiti, senza lo stress del taglio) mantenendo però inalterato il livello della botte (ovvero la pretesa aggiunta di non precipitare nella classifica mondiale). E infatti si annuncia per la prima volta un’atmosfera freddina al tradizionale Champion’s dinner alla vigilia del Masters, dove si ritroveranno vincitori del Torneo militanti nell’una o nell’altra sponda golfistica e che, magari, nei mesi trascorsi non si sono risparmiati veleni e frecciatine incrociate a mezzo social e stampa.
Ora: già c’è il guaio che la scelta dei cibi spetta al campione in carica ed essendo Scottie Scheffler texano, il massimo della fantasia “à la carte” è una “Texas Ribeye Steak” (avessi detto…) o, in alternativa, un “Blackened Red Fish” (praticamente uno Scorfano trattato chissà come) preceduta da piccoli cheese burger come antipasto (ma due olive all’ascolana no?). Se ci aggiungiamo qualche piccola scintilla che potrebbe scattare fra ex campioni arruolati nelle opposte organizzazioni si capisce che si potrebbe assistere a una riedizione della teatrale e cinematografica “Cena delle beffe”.
Ironie sul menu a parte, basterebbe già questo a creare situazioni inedite nella ex isola felice del Golf mondiale. Ma non è tutto perché da pochi giorni è planato sul pianeta-golf l’annuncio congiunto di PGA e R&A sulla modifica strutturale delle palline in occasione di alcuni, non ancora precisati, “Elite event” della stagione.
Alle prese col continuo incremento delle distanze coperte dai pro con i loro colpi (in meno di 20 anni la media statistica dei tee-shot sul Tour è cresciuta di circa 14 yards, più di 12 metri), i gestori della “res golfistica” planetaria hanno deciso di differenziare, a partire dal 2026, la tipologia di palline usate da noi Carrellanti rispetto a quelle utilizzate dai Campioni (ma, come detto, in occasione di non meglio specificati super-tornei).
Occhio però: l’Open Championship e l’US Open ricadrebbero in questa categoria; mentre il PGA Championship e il Masters, che non sono organizzati da USGA, ne sarebbero esclusi. Quindi si potrebbe arrivare all’assurdo di due Majors giocati con una tipologia di pallina e due con un’altra. Non molto bello, detta così.
Anche questa novità ha innescato immediate polemiche da parte di alcuni fra i più forti giocatori del mondo, tanto per agitare ulteriormente le acque. Un superbomber come De Chambeau (in forza alla LIV, ma ammesso a giocare alcuni Majors) ha sparato a zero sulla novità annunciata. Ma anche Justin Thomas (PGA) solitamente cauto nelle dichiarazioni è stato decisamente tranchant nel manifestare la sua totale contrarietà. Comprensibile che le massime organizzazioni mondiali si preoccupino di non dover imporre, ai titolari dei campi, continui e costosi allungamenti dei percorsi; e che, inoltre, avvertano qualche disagio nel vedere par 5 ridicolizzati a suon di driver e wedge. Però un minimo di prudenza e di coinvolgimento dei giocatori nella decisione, in un periodo già attraversato da continue spaccature, non avrebbe guastato.
Quanto a noi Carrellanti, si può anche esultare al pensiero di poter continuare a usare le palline più performanti (e costose). A patto di sapere che pochi fra noi hanno una velocità di swing che consenta davvero di sfruttarne le caratteristiche e che, anzi, con palline meno compresse facilmente tireremmo più lungo.
Ma vuoi mettere la soddisfazione di scagliare (dove?) una bella Pro-Vi cara come il fuoco?